La storia della stampa su seta a Como
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La stampa a blocchi alla fine del XIX secolo
La stampa su seta a Como iniziò alla fine del secolo scorso (verso il 1880). Con la tecnica di stampa a blocchi, le pezze venivano stese su tavoli lunghi una ventina di metri. La stampa era eseguita mediante tamponi o “planches” in legno di pero inciso o rinforzato da lamine in ottone riproducenti a scavo il disegno da imprimere. I tamponi potevano essere scolpiti anche in blocchi più pesanti di piombo e stagno, chiamati “piombine”. Le planches, debitamente inchiostrate, corrispondevano ai colori della composizione, tracciati nel progetto iniziale su carta oleata: per tanti colori (fino a 20) altrettanti tamponi erano “battuti” sul tessuto uno dopo l'altro, con pazienza e meticolosità. Questo procedimento manuale, nonostante la semplicità, permetteva di ottenere effetti sorprendenti per vivezza dei colori.
Nuove tecniche: la stampa “a quadro” e mediante fotoincisione
La stampa a blocchi venne superata con l'introduzione della stampa a cilindro (per grandi quantità di tessuti), particolarmente della fotoincisione, e della stampa “a quadro”.
La stampa “a quadro”
La stampa “a quadro”, anche detta “lionese” perché importata dalla Francia, consiste nel far filtrare la pasta colorata attraverso le fessure di un buratto di seta teso su un telaio. I primi telai erano in legno d'abete, in seguito sostituito dal metallo.
La tecnica mediante fotoincisione
A titolo di cronaca, la fotoincisione con il relativo corredo tecnico (trasferimento del disegno sul lucido e impressione sul buratto) venne introdotta a Como nel 1926, sistemando i quadri da stampa su tavoli lunghi una quarantina di metri. Vale la pena di soffermarsi sugli espedienti adottati per aumentare la precisione della stampa nei particolari: i disegni erano “piazzati” (posizionati) sul drappo, con lo "square" sagomato per trarne, ripiegandolo, una cravatta; poi erano tracciati i “filetti”, cioè le linee di contorno. Mediante la tecnica di “corrosione” erano definiti i motivi o tinte più chiare che dovevano spiccare sulla tinta di fondo. Per distinguerli con nettezza, evitando sovrapposizioni e sbavature, si mettevano delle pasticche di mastice sul tessuto prima di tingere la pezza a freddo. In seguito, togliendo il mastice con benzina, si ottenevano le zone bianche sulle quali procedere in seconda battuta.
Lo chiné
Ai tempi in cui erano richiesti soprattutto tessuti operati tinti in filo, si iniziò anche a produrre seta di particolare effetto con una tecnica originale: lo "chiné". La catena, cioè l'insieme dei fili da ordire, veniva tessuta provvisoriamente con una falsa trama rinforzata leggermente e, deposta successivamente su un tavolo da stampa, veniva stampata con il motivo scelto. In seguito la catena regolarmente ordita a telaio e, a mano a mano che si sfilavano le “false” trame, si provvedeva a tessere regolarmente il tessuto secondo l’armatura designata. Si ottenevano cosi sfumature dl grande effetto, variazioni cromatiche e disegni particolarmente complessi.
La stampa su seta a Como oggi
Oggi è tutto più facile, la stampa su armature già complete si effettua con mezzi meccanicamente perfetti, la corrosione si realizza con coloranti modificabili con l'acido e prodotti riducenti stabilizzati. Ma la tecnologia ha tradotto e perfezionato ciò che l'artigiano aveva impostato e risolto con le sole sue forze. E questo segno della presenza umana, rimasto nella macchina, si trasmette, come una segreta carica di sensibilità, nella seta che fruscia fra le dita dell'uomo elegante mentre si annoda la cravatta al collo.
foto da @beams_house_umeda by @beams_nakamura
Testi ispirati da "Il tessuto stampato per cravatte" scritto da Elena di Raddo & Enzo Pifferi